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venerdì 8 giugno 2012

Su Twitter dilagano i finti follower per le aziende. Ecco come riconoscere l'uomo dal robot

(Afp)
Macchina o essere umano? Per stabilire la differenza il matematico Alan Turing sperimentò un test: viene superato se non è possibile distinguere fra le risposte di una persona o di un robot. La rapida espansione dei social network riapre il quesito: chi chiede l'amicizia (oppure diventa "follower") in una rete sociale online è davvero una persona, o è un software bot? Non è un domanda soltanto accademica, ma un'area di ricerca esaminata con attenzione dal martketing.
Un tentativo di aggiungere un ulteriore tassello alle indagini in corso arriva da uno studio di Marco Camisani Calzolari, docente di comunicazione aziendale e linguaggi digitali all'università Iulm di Milano. Attraverso un'analisi su un campione di account twitter gestiti da aziende ha rilevato che in sette casi su tredici fra le imprese internazionali più del 20% dei followers mostra i comportamenti di un bot: sono profili che sarebbero riconducibili non a persone, ma a software. In particolare, nella classifica estratta dalla lista del sito web Twitaholic il primo posto spetterebbe a DellOutlet con il 45,99% di followers-robot. In Italia, invece, in cima fra le multinazionali estere è Ikea (45,92%).

Tra le imprese italiane Treccani avrebbe il 44,67% di robofollowers. "Le aziende non hanno idea che nei profili twitter così tanti utenti abbiano comportamenti da bot", commenta Camisani Calzolari. Nel campione sono stati inclusi profili con almeno diecimila followers, ed esaminati con un software al massimo 10mila followers per ogni account. Nessuna indagine antropologica o netnografica. In particolare, in una scala di punteggi definita "conservativa" viene valutato anche se un utente ha scritto più di cinquanta post: in caso negativo, può essere un ulteriore indizio che si tratta di un bot. I dati saranno a disposizione dei ricercatori per ulteriori elaborazioni. Già in precedenza i finti followers comprati nel mercato nero 2.0 su internet erano diventati un argomento di dibattito online.

Non sono risultati inattesi. Una ricerca pubblicata su "Lecture Notes in Computer Science" segnalava l'anno scorso che il 16% degli account attivi su twitter ha un "elevato grado di automazione", ma dichiarava di non essere in grado di distinguere con sufficiente certezza tra persone e robotweet. Due anni prima Sysomos stimava che il 24% dei messaggi erano stati pubblicati da bot, come ad esempio i post inviati per aggiornamenti periodici durante la giornata da aziende e istituzioni. Finora, però, non esiste ancora alcuna metodologia consolidata per distinguere tra una persona e un bot attraverso la lente di un software con un'indagine ad ampio raggio: la comunità accademica non è arrivata a conclusioni univoche.

Come, allora, un utente è in grado di capire se un singolo account del social network può essere falso? Poynter è una rivista online che esplora da anni l'universo dei social media: ha elaborato una sorta di guida, segnalata da Craig Silverman, autore del blog Regret the Error. Non garantisce la certezza, ma aiuta a valutare i dubbi. Il vademecum indica, ad esempio, che bisogna analizzare il network di relazioni personali di un utente: gli amici, i followers, eventuali discussioni, i retweet (messaggi di inoltro, simili al forward della posta elettronica). È necessario, ancora, considerare tre domande. Su che cosa scrivono di solito? Dove dicono di essere? Come è confrontabile? Contribuisce, inoltre, un esame del punteggio su Klout per esaminare la reputazione online e un'osservazione dei tweet inviati. E ancora: un altro strumento permette di sapere quando è stato aperto un account su twitter per capire se può essere un fake appena arrivato online.

Finora il pubblico di twitter ha dimostrato di avere gli anticorpi. Per esempio, alcuni utenti tentano di manipolare i risultati mostrati nella classifica degli argomenti più discussi, i "trending topics". È l'evoluzione nel social network del "google bombing". Ma spesso sono gli stessi iscritti della rete sociale online a scoprire e segnalare i tentativi di barare. Ad affrontare la diffusione dello spam, invece, sono mirati gli studi per elaborare filtri capaci di selezionare i messaggi spazzatura che arrivano nel flusso di tweet: Alex Hai Wang, professore aggiunto della Pennsylvania state university e ricercatore di sicurezza informatica, ha puntato su tecniche di machine learning per trovare un metodo di selezione efficace che, secondo le sue stime, raggiunge una precisione dell'89%.

Fonte: Ilsole24ore

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